rifornimento di carburante
Le auto a combustione nel 2050 saranno i due terzi del totale circolante. E’ quanto emerge da uno studio effettuato da IHS Market secondo il quale, fra trent’anni, almeno il 60% del parco circolante, si muoverà con carburanti derivanti dal petrolio.
I dati parlano chiaro: i derivati del petrolio saranno “duri a morire”. Un dato nettamente contrario a quello che è il percorso intrapreso da diverse case automobilistiche e, nello specifico dalle istituzioni, tra cui i vertici della Comunità Europea. Nello specifico, nel 2050, proprio nell’anno in cui, come dichiarato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, l’Europa sarebbe dovuta diventare “carbon neutral”, saranno ancora molti i veicoli tradizionali in strada.
Questa strada che vede ribaltarsi i pronostici riguardanti invece la scomparsa delle auto a combustione, è stata confermata proprio da Daniel Yergin, vicepresidente della società di analisti e ricerche di mercato IHS Market, il quale ha dichiarato che “sebbene, nel 2050, le vendite di veicoli elettrici possano arrivare all’80% del totale, ci sarà ancora molta strada da percorrere prima che i motori a combustione perdano il proprio ruolo di dominio nel settore dei trasporti”.
Nello specifico, nel 2050, il totale delle vendite dei veicoli sostenibili, che nel 2020 ammonta a circa il 2,2%, aumenterà entro e non oltre una fascia che oscilla fra il 60 e l’80%. A guidare questa escalation ci saranno le vendite dei veicoli elettrificati. Si presuppone dunque che saranno maggiori livelli di produzione e dunque, ci sarà un progressivo sviluppo delle tecnologie di accumulo. A questi aspetti si aggiungerà, parallelamente, una diminuzione dei costi di approvvigionamento delle materie prime e di produzione delle batterie agli ioni di litio. IHS Market, prevede infatti, che entro il 2023, il costo medio per kWh, sarà inferiore a 100 dollari (oggi il costo medio oscilla tra i 100-150 dollari).
In questo contesto l’assetto dei mercati cambierà drasticamente divenendo notevolmente complesso. Secondo i dati saranno molti di più fattori capaci di intervenire nel settore dell’automotive. Primo fra tutti, il fatto che ci sarà uno sviluppo dei servizi di mobilità condivisa, il quale porterà ad una mutazione dei target di vendita.
“La competizione fra case costruttrici non riguarda più soltanto la vendita di veicoli a nuovi clienti per utilizzo personale – ha spiegato ancora Yergin – così come non si tratta più di assistere alla concorrenza fra case automobilistiche contro altre case o di marchi di carburante contro altri marchi. Lo scenario si muove su un palcoscenico su più direzioni, nel quale le auto a combustione concorrono contro auto elettrificate e veicoli di proprietà si confrontano con i nuovi servizi di mobilità. O, ancora: autovetture guidate da un conducente in carne ed ossa contro vetture condotte da sistemi di guida autonoma senza conducente”- ha concluso il vicepresidente.
Tutti fattori, questi ultimi, che dipingono uno scenario futuro in cui, ad essere protagoniste, saranno sicuramente più voci, capaci di incidere nella definizione dei mercati. Esiste dunque, secondo Yergin, un limite al panorama a cui molti puntano, ovvero quello della trasformazione della mobilità da tradizionale a sostenibile, che riguarda, nello specifico, un presente che ancora non vede passi concreti determinati ad eliminare l’assetto tradizionale dei veicoli.
Nello specifico, secondo Yergin, la problematica andrebbe ricondotta al fatto che la maggior parte delle domande riguardanti i veicoli elettrici non arriva dai consumatori fisici, bensì dai governi, sotto forma di politiche evolutive e dunque non sprona realmente i cittadini a prendere in considerazione realmente questa trasformazione attraverso campagne di sensibilizzazione.
“Le politiche dei governi sono in continua evoluzione in quanto risentono di molteplici fattori, che vanno dall’attenzione sul clima all’inquinamento nei centri urbani e dai livelli di congestione del traffico”- ha specificato Yergin, sottolineando una molteplicità di fattori che interferiscono con gli obiettivi principali e non fanno, di fatto, cambiare le abitudini ai cittadini.