L’accordo politico è arrivato e quindi dal 2035 si potranno vendere veicoli nuovi solo ad emissioni locali zero (qui per saperne di più), un passo importante ma già definito.. oppure no? A questo punto sembra infatti che le incertezze aumentino di nuovo: oltre alle necessarie ratifiche del Consiglio e del Parlamento europei si è infatti aggiunta l’incognita di un possibile uso del ‘freno di emergenza’. Il commissario europeo per il mercato interno, il francese Thierry Breton (nella foto sopra), intervistato da Politico ha infatti detto “che riconsiderare lo stop del 2035 non è un tabù” e che nel 2026 potrebbe entrare in funzione il freno di emergenza. Si tratta di una clausola di revisione da attivare eventualmente nel 2026, che consentirà di posticipare se necessario la data di eliminazione dei motori a scoppio, oggi fissata per il 2035. Breton ha spiegato che “era molto importante avere una clausola di revisione in modo da avere il tempo di reagire se necessario, perché evidentemente si tratta di un passaggio gigantesco che dev’essere compiuto da un grande e importante settore industriale”.
SCENARI E SPINTE CONTRASTANTI – Frans Timmermans, a capo del Green Deal dell’UE, dopo l’accordo della scorsa settimana, aveva commentato che “L’accordo … invia un segnale forte all’industria e ai consumatori: l’Europa sta abbracciando il passaggio alla mobilità a emissioni zero”. Un abbraccio sentito ma non da tutti perché molti esponenti dell’industria e della grande rete dei fornitori automobilistici si sono opposti. La situazione è quasi paradossale, con diverse Case che anticiperanno il loro passaggio all’elettrico rispetto al 2035 (Audi, per esempio, qui la news): cambieranno programma sapendo che c’è un emergency brake che è possibile tirare? Breton ha da un lato insistito sul fatto che è lui per primo che vuole che il passaggio dalle auto a combustione alle elettriche e dall’altro ha enfatizzato il fatto che “è necessario un freddo realismo”. Breton ha detto che nel processo verranno distrutti circa “600.000 posti di lavoro. Non stiamo parlando solo delle grandi Case automobilistiche – che sicuramente ce la faranno – ma dell’intero ecosistema e della produzione di energia elettrica”.