In Italia, nel 2022, si contano 36mila punti di ricarica solo su territorio nazionale. Meno di 500 sono invece sulle autostrade. È quanto emerso dai dati di uno studio presentato da Federmeccanica e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, elaborato dall’Osservatorio automotive che si occupa di comparare le politiche industriali delle principali economie dell’automotive europee.
L’Italia, più in particolare, secondo quanto emerso, risulta molto indietro in termini di infrastrutture. In Germania, ad esempio, sono circa 88 mila le colonnine presenti, di queste 9 mila sono ultra veloci. Numeri simili in Francia che ne conta invece83mila, di cui oltre 3.200 ultra veloci. Si avvicina all’Italia la Spagna, con 34.400 punti di ricarica.
Lo studio, in particolare, vuole evidenziare come l’infrastrutturazione per la ricarica tenda ad avanzare velocemente in percentuale, ma resta lenta calcolando i valori assoluti. Secondo quanto emerso, prendendo in considerazione il fabbisogno teorico rispetto al parco circolante e l’ipotesi di 42 milioni di veicoli elettrici in Europa entro il 2030, è emerso che la copertura di ricarica in Italia è al 13,3%. Al primo posto, in questa classifica, c’è l’Austria, con il 25,6%, mentre restano indietro altre nazioni che numericamente hanno più colonnine che però, di fatto, non riescono a coprire l’utenza e la grande richiesta che aumenta e nei prossimi anni, continuerà inevitabilmente a crescere.
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È essenziale che i punti di ricarica per veicoli elettrici vengano implementati anche sulla rete autostradale. Questa tipologia di strade, infatti, generalmente viene percorsa per molti chilometri consecutivi: ciò richiede l’impiego di molta dell’autonomia dell’automobile. Sapere che le colonnine disponibili sul proprio percorso sono poche potrebbe scoraggiare gli automobilisti ad utilizzare la propria EV per viaggi molto lunghi, optando così per un veicolo a diesel o benzina. In questo modo, sarà impossibile ridurre le emissioni inquinanti prodotte quotidianamente dai veicoli privati.