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Nel settore dell’industria automobilistica, non tutto è sempre rose e fiori, e negli ultimi giorni il mondo intero sta apprendendo questa realtà a proprie spese. Alcune case automobilistiche finiscono più frequentemente sotto i riflettori delle indagini e dei controlli, mentre altre, sebbene operino legalmente, possono non essere altrettanto apprezzate per la loro affidabilità.
Di solito, le case automobilistiche giapponesi sono considerate al sicuro da tali controversie. Come ben noto, il mondo del lavoro in Giappone occupa una posizione centrale nella società, permeando anche gli spazi e i tempi privati dei cittadini. La priorità assoluta data al lavoro è un motivo per cui i prodotti giapponesi sono generalmente considerati affidabili. Tuttavia, di recente, un’ombra si è abbattuta sull’industria automobilistica giapponese, con effetti potenzialmente devastanti a livello globale. Una delle case automobilistiche più diffuse e antiche del Giappone, la Daihatsu, è finita al centro di uno scandalo per la manipolazione dei risultati dei crash test su alcuni dei suoi modelli. La Daihatsu, pur essendo una casa automobilistica giapponese, opera anche in stabilimenti al di fuori dell’arcipelago, nello specifico in strutture situate tra la Thailandia e la Malesia, dove vengono prodotte non solo vetture Daihatsu, ma anche per conto di Subaru, Mazda e Toyota, quest’ultima detentrice al 100% del marchio Daihatsu.
L’indagine ha rivelato che ben 88.000 veicoli sono stati soggetti a manipolazioni nei test di collisione laterale. La Toyota, in quanto casa madre, ha annunciato che sono coinvolti ben 64 modelli, con un totale di 174 irregolarità. Di conseguenza, la Daihatsu ha interrotto immediatamente le spedizioni, e tutte le case automobilistiche coinvolte stanno attuando controlli e ristrutturazioni interne. Sembra che comportamenti sospetti siano emersi già dal 1989, poiché le scadenze stringenti impedivano ai responsabili di condurre test adeguati. Tra i modelli interessati si trovano la Toyota Town Ace, Toyota Pixis Joy, Mazda Bongo, e le Daihatsu Copen, Mira e:S e Move Canbus. Fortunatamente, nessuno di questi modelli è venduto in Europa, rendendo questo scandalo un evento di rilevanza principalmente locale. Per quanto riguarda le conseguenze per Daihatsu e Toyota, queste devono ancora essere definite.
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