Turismo, dalla natura alla storia raccontata nei vicoli: ecco Bova

Dalla natura alla storia, sino alla cultura. C’è un luogo in Calabria dove il vento sussurra parole antiche, dove le montagne incontrano il mare e la lingua greca risuona ancora tra i vicoli di pietra. È Bova, uno dei borghi più belli d’Italia, inserita nel Parco Nazionale dell’Aspromonte. Bova è un modello di borgo sostenibile e accogliente. Il suo centro storico, raccolto e curato, ospita botteghe, enoteche e ristoranti dove si respira l’autenticità di un luogo che non ha ceduto alla fretta del turismo di massa. Arroccato su uno sperone roccioso nel cuore dell’Aspromonte, lo sguardo da qui spazia fino allo Ionio, e il tempo sembra scorrere più lento, come se ogni pietra del paese custodisse la memoria di un mondo sospeso tra storia e leggenda. Ma andiamo per gradi.

Secondo la tradizione, Bova fu fondata da una regina armena, e ancora oggi sulla sommità della rupe si conserva l’impronta del suo piede, scolpita nella roccia come un segno di passaggio divino. Ma il mito si intreccia alla storia: come molti centri calabresi, anche Bova subì l’assedio dei Saraceni nel IX secolo, e per difendersi costruì fortificazioni e torri che ancora oggi raccontano quel tempo di battaglie e coraggio. L’accesso al borgo avveniva un tempo attraverso due porte turrite, oggi affiancate dalla Torre Normanna, che introduce al cuore antico del paese, un dedalo di vicoli, archi e scale di pietra. Salendo verso l’acropoli si incontrano i luoghi simbolo della storia di Bova: la Cattedrale dell’Isodia di Maria Santissima, che custodisce una preziosa Madonna con Bambino di Rinaldo Bonanno, il Palazzo Vescovile e i resti del Castello Normanno, che domina il borgo come un guardiano di pietra.

Bova è il cuore pulsante della Bovesia, l’area ellenofona della Calabria dove sopravvive l’antica lingua greco-calabra, erede diretta del greco bizantino e del mondo magno-greco. Per chi ama la cultura e l’antropologia, una tappa imprescindibile è il Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs”, dedicato al filologo tedesco che studiò per primo questo idioma unico al mondo, mescolanza di greco antico, latinismi e inflessioni calabresi. Passeggiando tra le vie del borgo, si incontrano anche tracce della civiltà contadina e artigiana che ha plasmato per secoli la vita quotidiana di queste terre. Il Sentiero della Civiltà Contadina, un vero museo all’aperto, espone attrezzi agricoli, fotografie e oggetti di uso comune: un percorso semplice ma emozionante, che racconta la dignità e la fatica del vivere in armonia con la montagna.

Bova non è solo mito e lingua: è anche un piccolo scrigno di architettura sacra. La Chiesa di San Leo, con la Cappella delle Reliquie e un prezioso nucleo di argenterie, è uno dei gioielli religiosi più importanti, mentre le chiese del Carmine e dell’Immacolata conservano affreschi e dettagli scolpiti da mani di scalpellini locali, veri maestri dell’arte rupestre calabrese. I palazzi gentilizi, come Palazzo Mesiani-Mazzacuva, Palazzo Nesci Sant’Agata e Palazzo Tuscano, testimoniano un passato aristocratico ancora visibile nei portali in pietra e nei balconi lavorati. Ogni edificio racconta una storia, ogni decorazione parla di una Calabria raffinata e sorprendente, ben lontana dagli stereotipi.

A Bova la cultura si intreccia con il gusto. La cucina del borgo è figlia della tradizione agro-pastorale: ingredienti semplici, sapori decisi e piatti che raccontano la terra. Tra le specialità spicca la lestopitta, una sorta di focaccia senza lievito fatta solo con farina, acqua e olio, fritta e servita calda, spesso accompagnata da formaggi locali e un bicchiere di vino IGT Palizzi. Un piatto povero, ma irresistibile, che racchiude in sé la filosofia del luogo: essenzialità, autenticità, verità.

Visitare Bova in primavera o in estate significa vivere il borgo nel suo momento più autentico. La Domenica delle Palme è una delle feste più suggestive della Calabria: le vie del paese si riempiono di “Parme”, grandi figure femminili intrecciate con canne e foglie d’ulivo, portate in processione come simbolo di rinascita e fertilità. Questo rito affonda le sue radici nella mitologia greca di Persefone, la dea che ogni anno risale dagli inferi per riportare la vita sulla terra, e si fonde con la spiritualità cristiana della Pasqua. In estate, invece, il borgo vibra al ritmo del Festival Paleariza, che celebra la musica grecanica con suoni e strumenti d’Oriente: la lira, l’organetto, il tamburello. È una festa della terra e del cuore, un intreccio di culture che resiste al tempo e rinnova la memoria.

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