Autista messaggia mentre guida, per la Cassazione scatta il licenziamento

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Tempi duri per gli autisti che chattano mentre guidano. Mandare messaggi al cellulare mentre si guida un mezzo aziendale è un comportamento che porta al licenziamento per giusta causa, e non a una semplice sanzione disciplinare. Rischia il licenziamento l’autista che causa il tamponamento perché sta su WhatsApp mentre guida. Visto il suo ruolo, la violazione è molto grave tanto da ledere il rapporto fiduciario con il datore.

Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 30271 della Sezione lavoro, ha respinto il ricorso del lavoratore. L’autista aveva contestato il licenziamento inflitto nel 2017 dopo il tamponamento avvenuto nel novembre 2015, sostenendo che si trattava di un provvedimento “discriminatorio”. In primo grado il Tribunale di Frosinone aveva convalidato il licenziamento, così come, nel 2018, la Corte di Appello di Roma. Per i giudici chattare alla guida diventa una “negligenza o imperizia” che “assume rilievo tenuto conto delle mansioni di autista svolte e che giustifica l’interruzione del rapporto di lavoro”.

Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Il licenziamento è stato intimato in esito a un procedimento disciplinare nell’ambito del quale al lavoratore erano stati contestati specifici addebiti che la Corte territoriale ha puntualmente esaminato ritenendoli gravi al punto da sorreggere la risoluzione del rapporto per giusta causa. Infatti, ha spiegato poi il Collegio di legittimità, la Corte territoriale, senza incorrere in alcun vizio di sussunzione della fattispecie concretamente accertata nella nozione di giusta causa di licenziamento, ha esaminato tutti gli aspetti della condotta tenuta dal ricorrente e oggetto della contestazione di addebito ed ha ritenuto, motivatamente, che la condotta accertata avuto riguardo alle mansioni svolte integrasse una negligenza gravissima, lesiva del vincolo fiduciario che deve sorreggere il rapporto di lavoro. Non una mera incuria nello svolgimento della prestazione che il contratto collettivo punisce con una sanzione conservativa ma una giusta causa di licenziamento”.

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