Mobilità elettrica, Italia fanalino di coda: penultima a livello mondiale

L’Italia è in fondo alle classifiche legate alla mobilità elettrica. E’ quanto emerge dal report EY Electric Vehicle Country Readiness Index che ha stilato una classifica con i dieci principali mercati automobilistici nell’ambito della mobilità elettrica a livello globale,

Sono tre, in particolare, le nazioni leader nella svolta elettrica: Cina, Svezia e Germania. Seguono,  dal quarto posto in poi, Regno Unito, Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone e Canada. L’Italia è penultima, mentre in coda alla classifica si trova l’India. L’indice EY rappresenta il 75% del mercato globale dei veicoli leggeri e pone maggiore attenzione sui tre principali indicatori di analisi: l’offerta, la domanda a e la regolamentazione in vigore nei Paesi presi in esame. L’obiettivo è quello di fornire una panoramica esaustiva per ogni nazione in merito all’effettiva maturità e preparazione rispetto alla mobilità elettrica e alla sostenibilità.

Secondo stime previsionali, le vendite dei veicoli elettrici in Cina, Europa e Stati Uniti, dovrebbero superare le vendite di tutti gli altri propulsori entro il 2033. Il trend mondiale, secondo l’EY Electric Vehicle Countri Readiness Inde si sta orientando sempre più verso un’economia decarbonizzata. Fattori chiave emergono nello specifico dalle nazioni più virtuose che si sono impegnate maggiormente nella predisposizione di un ecosistema produttivo ma anche sulla sensibilizzazione e sull’offrire vantaggi competitivi e di costi. A questi impegni vanno aggiunti gli stimoli governativi che in alcune nazioni hanno contribuito maggiormente con incentivi e iniziative di supporto, anche alle imprese. La Cina, va specificato, si trova in cima alla classifica soprattutto per la mobilità elettrica (non per l’ambiente).

L’Italia, non avendo messo a punto molte delle strategie intraprese negli altri paesi, si trova al nono posto in classifica. Secondo quanto emerso, rispetto ai paesi trainanti, ci sono alcuni fattori ancora poco maturi, soprattutto in merito all’assenza di infrastrutture adeguate. La strada da compiere sarà pertanto lunga e altrettanto difficile, soprattutto perché, per ottenere i risultati dei paesi trainanti, ci sarà bisogno di tempistiche lunghe in grado di permettere non solo alle aziende e ai governi, ma anche ai cittadini, di fare i conti con un cambiamento che sarà per molti radicale.

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