Il settore dell’auto nel Novecento italiano e della mobilità barese: il ricordo di Nicola Chieco

Presidente emerito della Commissione Traffico dell’Automobile Club Bari-Bat, Nicola Chieco è attualmente uno dei massimi esperti sul tema della mobilità, nonché memoria storica del percorso evolutivo del settore automobilistico italiano, della legislazione sul tema e della trasformazione del concetto di mobilità a livello locale e nazionale.

Qual è il suo ricordo degli anni in cui il settore dell’automobile ha visto la sua esplosione in Italia?
Come tutti gli ambiti sociali, anche la mobilità si è evoluta, in Italia come in tutto il mondo, seguendo il corso della storia e, con essa, la scia di eventi positivi e nefasti, ma anche il progresso della scienza e della tecnologia. E se il secolo Novecento è stato flagellato da guerre, epidemie, stragi e crisi politiche, tantissimi sono stati, di contro, i momenti che hanno segnato delle vere e proprie svolte soprattutto in merito allo sviluppo dell’industria, in particolar modo quella dell’auto. Io stesso ricordo di aver visitato la catena di montaggio di Mirafiori nel 1960 e di aver potuto ammirare con i miei occhi cinque lunghi chilometri di quella che era una strabiliante catena di precisione e tecnica: era quella una scuola che formava, tra gli altri, decine di migliaia di lavoratori provenienti dal Sud Italia.

Sviluppi industriali che hanno portato, in quegli anni, il Paese sulla cresta dell’onda. Quali cambiamenti comportava, questo, nella vita quotidiana degli italiani?
In quegli anni l’automobile diventava sempre più uno status symbol, l’immagine dell’emancipazione delle famiglie che, finalmente, potevano contare su un mezzo proprio per spostarsi, uscire dalla città, andare in vacanza o al mare. Ma, d’altra parte, l’automobile era utile anche allo Stato: basti pensare che, nel 1957, il bilancio statale era costituito per la metà delle sue entrate da tasse automobilistiche. A quei tempi, tutti iniziavano a spostarsi con le automobili, alimentate a benzina e quest’ultima era gravata dalle su accise, dai suoi aumenti. A volte capitava anche che lo Stato italiano applicasse delle sovra-tasse proprio sulla benzina per far fronte alle emergenze del paese.

Come si è evoluto ulteriormente il settore automobilistico in Italia, negli anni successivi?
Negli anni ’60 si può dire ci sia stato il massimo entusiasmo automobilistico, considerando che erano anche gli anni in cui, il progresso della scienza e della tecnica ha portato addirittura l’uomo sulla luna. Ma, ancora, è seguito poi il periodo della digitalizzazione, che ha spinto il mondo dell’auto e la sua industria oltre le potenzialità immaginabili. Oggi siamo ben avanti, facciamo cose che, nel passato, non si potevano neanche pensare.

Guardando, invece, alla mobilità dei nostri giorni e della città di Bari, quali sono i punti di forza? Quali le criticità?
A Bari si è lavorato molto, soprattutto negli ultimi decenni, per migliorare la qualità della mobilità dei residenti, ma anche di chi è di passaggio e proviene da altre città italiane o dall’estero. La pedonalizzazione di strade importanti del centro cittadino – da me proposto nel lontano 1955 con un piano circolazione per la zona Murattiana e realizzata solo a partire dal 1974 – è stato un ottimo inizio di quel percorso che dovrebbe portare la città alla massima efficienza in termini di collegamenti e mobilità, in modo da dissuadere i suoi residenti dall’abusare dell’automobile. L’abuso del mezzo privato, purtroppo, rimane una cattiva abitudine del barese che è molto difficile da scardinare e, per farlo, occorrerebbe puntare sulla perfezione del servizio di trasporto pubblico. Nello stesso piano circolazione proposto nel 1955 ipotizzavo che una soluzione potesse essere limitare alcune strade del centro alla sola circolazione dei mezzi pubblici, in modo da garantirne ulteriore efficienza, ma questa idea non è stata mai accolta: si è preferito l’inserimento delle corsie preferenziali, ma ancora troppo spesso queste ultime sono soggette al traffico delle ore di punta e al malcostume di posteggi in doppia fila. È soprattutto sullo scardinamento di queste abitudini individualiste che si dovrebbe lavorare, per fare in modo che i baresi riscoprano il culto del mezzo pubblico e della mobilità sostenibile.

Leggi il precedente

Autoarticolati da 18 metri, via libera alla circolazione in Italia

Leggi il successivo

Mercato auto: per la casa tedesca Bmw quello cinese è in rapida crescita

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *