cinture di sicurezza
1. Adottare una definizione comune di incidenti stradali correlati al lavoro (che comprenda conducenti professionisti, coloro che lavorano su strada, pendolari e terzi); 2. Estendere il CADaS (Common Accident Data Set: Set comune di dati sugli incidenti) dell’UE per includere lo scopo del viaggio di tutti gli utenti della strada, compresi pedoni e ciclisti; 3. Attuare programmi di gestione della sicurezza stradale sul lavoro e dotare le proprie flotte solo di veicoli con 5 stelle EuroNCAP; 4. Vietare l’uso dei telefoni cellulari alla guida, in particolare quelli per lavoro; 5. Includere, esplicitamente, i “lavoratori sicuri” nella clausola sociale della legislazione UE sugli appalti pubblici (in modo che la riduzione del rischio stradale diventi un requisito riconosciuto negli appalti pubblici nella revisione del 2026); 6. Rafforzare la comunicazione dei dati alla banca dati CARE dell’UE e ad Eurostat per consentire un monitoraggio sistematico; 7. Introdurre una definizione nazionale e raccogliere dati annuali sui decessi e gli infortuni gravi sulle strade correlati al lavoro; 8. Collegare i sistemi della polizia, con quelli della sicurezza e salute sul lavoro e dei medici legali per creare un quadro completo e affidabile; 9. Richiedere ai datori di lavoro di condurre valutazioni dei rischi stradali correlati al lavoro, basati sui principi del Safe System e di adottare misure per prevenire ed eliminare tali rischi; 10. Garantire che tutte le autorità pubbliche adottino programmi di gestione di tali rischi e siano leader nell’acquisto di flotte ad alta sicurezza.
Sono queste le richieste che l’ETSC (European Transport Safety Council: Consiglio Europeo per la Sicurezza dei Trasporti[1], del quale l’Automobile Club d’Italia è membro) rivolge alle Istituzioni Europee (punti 1-6) e ai governi nazionali (punti 7-10), per ridurre il fenomeno delle morti stradali connesse al lavoro.
Secondo Eurostat, tra il 2020 e il 2022, ogni anno, nell’Unione Europea, questa particolare tipologia di incidenti è costata la vita a più di 2.900 persone (il 43% di questi decessi si è verificato nel settore dei trasporti, incluso il trasporto su strada). Secondo l’ETSC, però, a causa della mancanza di una definizione comune e di dati incompleti e incoerenti, il numero effettivo di questi decessi è probabilmente più elevato, come rileva il nuovo Rapporto PIN Flash 49 “Tapping the potential for reducing work-related road deaths and injuries” («Sfruttare il potenziale per ridurre i decessi e i feriti stradali connessi al lavoro»), scaricabile al link www.etsc.eu/pinflash49.
“Le morti sulle strade correlate al lavoro rappresentano un fallimento sistemico che l’Europa continua a ignorare”, ha affermato Antonio Avenoso, Direttore Esecutivo dell’ETSC. “Autisti professionisti, motociclisti, pendolari e cittadini muoiono perché i datori di lavoro, i Governi nazionali e la UE trattano il rischio stradale sul lavoro come un problema altrui. È tempo di una leadership politica”.
ETSC sottolinea, inoltre, che i decessi stradali correlati al lavoro riguardano non solo conducenti professionisti, ma anche chi lavora su o in prossimità della strada, viaggiatori professionisti, pendolari e terzi, il che significa che chiunque può essere vittima del proprio rischio correlato al lavoro o di quello di qualcun altro.
Gli spostamenti in itinere (dovuti al pendolarismo) rappresentano, ad esempio, uno dei momenti più pericolosi della giornata lavorativa in Europa. Tuttavia, le responsabilità dei datori di lavoro variano notevolmente da un Paese all’altro e gli obblighi di legge spesso non coprono esplicitamente la guida per lavoro. Gli obblighi di segnalazione dei datori di lavoro sono incoerenti o incompleti (spesso escludono i lavoratori autonomi e terze parti).
Le analisi condotte nel Report su 16 dei 32 Paesi europei appartenenti al gruppo PIN (27 membri UE più Israele, Norvegia, Serbia, Svizzera e Regno Unito) in grado di fornire dati nazionali (10 paesi non hanno ancora una definizione nazionale di incidente stradale correlato al lavoro e meno della metà registra lo scopo del viaggio nei rilievi dei sinistri effettuati dalla polizia) mostrano che le morti per incidenti stradali correlate al lavoro rappresentano tra il 2 e il 42% di tutti i decessi sulle strade (Francia 42%; Irlanda 29%, Italia 16%, Germania 10%), a seconda del Paese e della definizione utilizzata. Com’è noto, in Italia, gli infortuni correlati all’attività lavorativa sono rilevati dall’INAIL, nella cui banca dati sono presenti sia quelli in occasione di lavoro che quelli “in itinere”. Tuttavia, evidenziano i ricercatori ETSC, i numeri ufficiali sono distorti in quanto si basano su un mix di fonti (corpi di polizia, Istituzioni preposte alla sicurezza e alla salute sul lavoro, istituti di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, medici legali) non collegati, incompleti, incongruenti, con conseguente sottostima del fenomeno e ampie lacune nella comprensione delle cause e delle soluzioni.
Nella maggior parte dei Paesi UE, infatti i dati dalle forze dell’ordine, quelli dei datori di lavoro e quelli detenuti dai sistemi di salute e sicurezza sul lavoro restano completamente scollegati. Il risultato è un quadro frammentato e sottostimato, che offusca la reale portata del problema.
[1] Organizzazione indipendente senza scopo di lucro, con sede a Bruxelles, dedicata alla riduzione del numero di morti e feriti nei trasporti in Europa




