Parcheggi, soste e sordità, troppi disagi e poca attenzione. L’allarme: “La nostra disabilità è invisibile”

“Le persone non riescono a capire che siamo sordi, perché ci presentiamo come gli altri, eccetto per uno dei famosi cinque sensi: l’udito”. E’ quanto ha raccontato ai nostri microfoni Vanessa Ceglie, facendosi portavoce dei cittadini affetti da questa patologia invalidante, i quali vivono disagi ogni giorno, soprattutto nella ricerca dei parcheggi.

Mancanza di solidarietà, comprensione e rispetto, ma non solo, anche assenza di sensibilizzazione al tema e attenzione da parte delle istituzioni, soprattutto nei confronti della sicurezza e nella ricerca di soluzioni utili per non far sentire, ogni volta “diversi”, i cittadini affetti da questa patologia. Sia che siano pedoni, sia che siano alla guida, sono molti i disagi e le problematiche che questi ultimi sono costretti ad affrontare nella quotidianità.

Le problematiche diventano più gravi soprattutto nei centri urbani, come ad esempio Bari, in cui il traffico, ma anche la fretta con cui ormai ci si sposta, non offrono il tempo di comprendere chi c’è dall’altra parte del vetro di un’auto.

Una delle prime questioni di cui si è fatta portavoce Vanessa Ceglie è proprio questa: l’assenza di un contrassegno specifico che non permette ad autisti e cittadini di rendersi conto di trovarsi di fronte ad autista sordo. Esistono infatti contrassegni che specificano, in particolare, la disabilità motoria, in questo modo, gli autisti a bordo degli altri veicoli possono rendersi conto del fatto che, le tempistiche di una sosta, con discesa e salita da auto, per esempio, potrebbero essere maggiori. Lo stesso però, sottolinea Ceglie, non avviene per i non udenti. Per molti autisti è difficile infatti comprendere se all’interno del veicolo vi è un autista sordo, fattore che causa non pochi disagi.

“In caso di sosta, come prevede la legge, il conducente deve essere presente e pronto a riprendere la marcia, noi sordi non possiamo sentire il clacson o il fischio da parte del vigile – ha raccontato Vanessa Ceglie – Preferiremmo avere un pass, non il contrassegno dei disabili, perché riguarda appunto, persone con ridotta capacità motoria”. Basterebbe, secondo Ceglie, un quadrato con un disegno all’interno, simile a quello utilizzato per i disabili che, però, faccia comprendere agli autisti che si tratta di un tipo di disabilità diversa da quella motoria, per la quale “Non serve suonare il clacson”.

Un problema simile, racconta ancora Ceglie, si presenta quando “siamo in auto e suona la sirena di un’ambulanza della polizia”. In questo caso chi guida non sente le sirene, ma si accorge dell’arrivo del mezzo solo attraverso gli specchietti. “Un rischio per la sicurezza – sottolinea Ceglie proponendo una soluzione – Come si può evitare che accada? Sarebbe sufficiente installare all’interno dell’autovettura un dispositivo luminoso che avvisi al sopraggiungere dei mezzi oppure, un cartellone con l’immagine di un orecchio a sbarra”.

Ma le problematiche non finiscono qui. Secondo Ceglie, la quale ha raccolto anche testimonianze di altri cittadini, un altro fattore di rischio riguarda la sosta di emergenza. “Noi impieghiamo più tempo, ovvero più di cinque minuti, che è il massimo consentito, vorremmo che fosse possibile durasse almeno dieci minuti, per evitare di incorrere nella sanzione amministrativa” – ha spiegato ancora Ceglie, sottolineando l’impossibilità di riuscire a stare in quei cinque minuti per via della comunicazione.

 “Siamo sordi, la nostra disabilità è invisibile – ha concluso Vanessa Ceglie. Nelle sue parole la necessità di trovare soluzioni immediate affinché ai cittadini vengano garantiti gli stessi diritti, soprattutto per una questione di sicurezza, sia degli autisti, sia dei pedoni.

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