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Determinate, veloci e intrepide. Sono alcune delle caratteristiche che contraddistinguono le donne che hanno fatto la storia nelle gare di automobilismo sportivo. Da Hellè Nice a Marie-Claude Charmasson, fino ad arrivare all’italiana, Lella Lombardi, ma non solo. Secondo MotorBox, sono almeno dieci le donne che hanno stravolto l’immaginario collettivo divenendo vere e proprie pioniere del settore permettendo così, a molte altre, di seguire le proprie orme.
Oggi, infatti, sono sempre di più le donne che si avvicinano al mondo dell’automobilismo sportivo. Si tratta di un fenomeno in crescita, che spesso però, fa ancora poco rumore rispetto a quello legato al settore maschile. Ma andiamo con ordine per conoscere alcuni dei nomi delle donne che hanno reso possibile questo.
Tra i primi non si può non citare la francese Hellè Nice. Mariette Hélène Delangle, questo il suo vero nome, ha gareggiato tra il 1928 e il 1939. Nel 1929 vinse il Gran Premio femminile dell’Autodrome de Monthlèry. Nello stesso anno, sullo stesso circuito, a bordo di una Bugatti sovralimentata da 2 litri, ha registrato una velocità di 196,871, a un passo dal record di 199,059 km/h stabilito solo un anno prima. Da allora iniziarono a chiamarla “The Bugatti Queen”, perché Ettore Bugatti, viste le sue doti, le diede l’opportunità di gareggiare con una sua auto. Non ha mai vinto una gara, ma è, di fatto, ancora oggi, una delle migliori donne pilota mai vissute. La sua carriera ha iniziato a declinarsi dal 1936 in poi, anno in cui fu coinvolta in un incidente durante il Gran Premio di San Paolo in Brasile.
La seconda donna ad aver fatto la storia nell’automobilismo è Kathleen Code “Kay Petre”. Conosciuta soprattutto per il suo record di velocità sul circuito di Brooklands nel 1934 (a una media di 199,559 km/h) e nel 1935 a 216,859 km/h, “Kay”, viene ricordata dagli appassionati per il suo carattere impavido che la portava a superare senza paura ogni limite, soprattutto quelli di velocità. Lei è stata, infatti, tra le prime a guadagnare il premio di Brooklands per aver fatto segnare a giro oltre 209 km/h di media. La sua carriera è terminata nel 1937, in occasione del Brooklands, in cui , a causa di un grave incidente, la Petre rischiò la vita, motivo per cui da allora non fu mai più in grado di guidare.
La terza, in ordine di apparizione è stata l’americana Denise McCluggace, popolare, oltre che per i traguardi raggiunti, anche per il suo casco bianco con i pois rosa. Quest’ultima, nata nel 1927, ha iniziato la sua carriera come giornalista sportiva. E’ stata proprio questa sua passione a portarla a sperimentarsi anche alla guida. Nel 1956 e 1957 porta infatti alla vittoria una Porsche 550 nella Nassau Ladies Race. Sempre nel 1957 ha vinto il Watkins Glen Grand Prix Ladis Race. Nel 1961 invece conquistò il primo posto con una Ferrari 250 nella 12 ore di Sebring nella categoria GT, una delle ragioni per le quali. La sua carriera si è conclusa negli anni 60, dopo moltissimi traguardi raggiunti, tra questi l’inclusione, nel 2001, all’interno dell’Automotive Hall of Fame.
Quarta, subito dopo l’americana, c’è invece Pat Moss, una delle migliori donne pilota di rally. Nata nel 1934 in Inghilterra, Moss ha collezionato tre vittorie e sette podi sul palcoscenico internazionale. In totale è stata incoronata cinque volte campionessa europea di rally femminile negli anni che vanno dal 58 al 65. Di lei si diceva che il talento fosse nel DNA, Pat era infatti la sorella minore di Stirling Moss, campione negli anni 50.
Al quinto posto, sempre in ordine di apparizione, si piazza l’italiana Lella Lombardi. Lei fu l’unica donna ad aver terminato una gara di Formula Uno in zona punti. Il suo primo approccio con la massima categoria fu nel 1974, da lì prese il via una carriera piena di traguardi, ma anche sconfitte. Nonostante questo non si è mai arresa, tanto che la Lombarsi è stata l’unica donna pilota ad aver raggiunto un risultato positivo nella massima serie dell’automobilismo su pista. La sua carriera si è conclusa nel team della Nascar. Nel 1992, a soli 50 anni, la Lombardi è venuta a mancare a causa di un male incurabile.
Subito dopo la Lombardi non si può non citare Marie-Clude Charmasson, nata nello stesso anno dell’italiana, ovvero nel 1941. La Charmasson è una delle donne pilota delle quali si è sentito meno parlare. Durante la sua carriera, oltre ad essere stata pilota di rally dal 1965 al 1974, ha guidato una Opel Kadett, una Chevrolet Corvette, una Opel Commodore e una Chevrolet Camaro. Per quanto riguarda le corse su circuito è ricordata per aver partecipato, dal 1971 al 1976 a sei edizioni consecutive della 24ore di Le Mans. Negli anni 1969, 1971, 1972 e 1973 vinse invece il campionato femminile del Tour de France. Considerata forte, ma soprattutto eclettica, la casa automobilistica Ferrari, in segno di riconoscimento nei confronti del suo talento, ha dedicato a lei una delle sue auto. La sua carriera agonistica è terminata nel 1976. Subito dopo, per non allontanarsi troppo dal mondo delle gare, è diventata fotografa professionista per la 24 Ore di Le Mans.
Al settimo posto troviamo la francese Michèle Mouton, classe 1951. Secondo gli esperti Mouton era una vera e propria fuoriclasse, l’apice della sua fama è stato raggiunto nel Campionato del Mondo Rally. Iniziò la sua carriera nel 1975 vincendo la classe prototipi due litri alla 24 ore di Le Mans, solo un anno dopo ha vinto invece il Tour de France Automobile per poi passare agli sterrati. Dopo un primo periodo come copilota è passata al volante vincendo nel 1981 il Rally di Sanremo con Audi Sport. Nel 1982 ha collezionato vittorie in Grecia, Brasile e Portogallo conquistando il secondo posto nel campionato, seconda a Walter Röhrl, considerato una vera e propria leggenda. La Mouton ha collezionato vittorie sia europee, sia mondiali, tra queste la Pikes Park International Hill Climb in America, nel 1985, anno in cui ha suggellato il miglior tempo. Dopo il 1986, anno in cui ha guidato anche per Peugeot vincendo il campionato tedesco di rally, la francese ha abbandonato la carriera automobilistica.
All’ottava posizione troviamo invece Jutta Kleinshmidt, tedesca (classe 1962), conosciuta soprattutto per il suo successo nelle gare fuoristrada. La sua prima corsa risale al 1987, al Rally dei Faraoni in Egitto, in sella a una motocicletta. Dal 1992 in poi è passata alle automobili. Nel 1995 si è classificata 12esima a bordo di una Mitsubishi Pajero e nel 1999 ha conquistato il terzo posto sempre con il fuoristrada giapponese. Tra gli altri traguardi vanno citati quello del 2002, in cui si è classificata seconda e quello nel 2005, in cui è salita sul terzo gradino del podio alla guida di una Volkswagen Touareg.
Nona c’è Sabine Schmitz, nata nel 1969. Schmitz è diventata famosa soprattutto perché si è cimentata nel giro veloce a bordo di una BMW M5 lungo i 20,8 km del Nürburgring Nordschleife, nel ”Ring Taxi”. Secondo le sue stime ha effettuato oltre 30mila giri di pista. Da lì titolo di ”Regina del Nürburgring” e di ”Tassista più veloce del mondo”. Molti gli eventi per i quali è risultata vincitrice, lei è stata inoltre la prima donna a vincere nella sua categoria la 24ore del Nürburgring a bordo di una BMW M3, nel 1996 e 1997. Nel 1998 ha conquistato la gara endurance VLN . Ancora oggi è uno dei piloti donna più riconosciuti al mondo.
Infine, ma solo perché in ordine di apparizione, c’è Danica Patrick, americana classe 1982. Patrick ha esordito nei kart all’età di 10 anni. Oltre ad essere l’unica ad aver vinto una gara della IndyCar Series (la Indy Japan del 2008), Patrick è tra le tre donne che sono state capaci di aggiudicarsi gare automobilistiche nelle più importanti competizioni a livello mondiale, con Jutta Kleinschmidt e Michèle Mouton. Patrick, in particolare, ha raggiunto la fama in seguito ad un sconfitta. Nello specifico, quando durante la 500Miglia di Indianapolis, nel 2005, la sua auto rimase senza benzina a pochi giri dalla fine della gara, fattore che la fece finire al quarto posto.
Quelle appena citate sono solo alcune delle donne che hanno fatto la storia nell’automobilismo sportivo femminile. Altre pioniere, che appartengono n particolare all’età moderna, sono state ad esempio, per l’Italia, Maria Teresa de Filippis (prima italiana a qualificarsi per un GP di Formula Uno in Belgio nel 1958) e Giovanna Amati, l’ultima cittadina italiana a partecipare a un mondiale di Formula Uno nel 1992, pur senza mai qualificarsi per la gara. Ad oggi sono moltissime le donne che, sulla scia di quelle appena citate, sfidano l’immaginario collettivo diventando pioniere nel settore.