Ansa Motori
L’Italia si trova (ancora una volta) al centro di una controversia riguardante la mobilità sostenibile in Europa. Dopo una ratifica travagliata da parte degli Stati membri dell’Unione Europea sulla messa al bando delle auto inquinanti a partire dal 2035, senza il consenso di Roma, ora è la proposta di regolamento Euro 7 presentata da Bruxelles a sollevare discussioni sul futuro delle riduzioni delle emissioni nocive nei prossimi quattro anni.
In particolare, secondo il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, si tratta di uno sforzo “irragionevole” per un’alleanza di otto Paesi che promette una battaglia nel negoziato che, avverte, “è appena agli inizi”. Questo tema si intreccia con la speranza del governo italiano di ottenere una norma ad hoc con l’obiettivo di mantenere i biocarburanti in vita anche dopo l’eliminazione dei motori a diesel e benzina, così come è già stato approvato per i combustibili elettrici, spinti dalla Germania. Italia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno espresso le loro riserve comuni attraverso un documento inviato alla Commissione Europea, alla presidenza di turno della Svezia e alle altre capitali.
Questo documento, più nello specifico, mette in luce le preoccupazioni comuni riguardo alla proposta di regolamento presentata dal commissario europeo Thierry Breton lo scorso novembre, dopo mesi di attesa. Se questa proposta dovesse essere approvata così com’è, richiederebbe alle case automobilistiche ingenti investimenti nei motori termici per ridurre ulteriormente gli inquinanti come gli ossidi di azoto e il particolato. Tuttavia, tali sforzi finanziari verrebbero vanificati dal divieto di immatricolazione di auto a benzina e diesel previsto per il 2035. Secondo le otto capitali, la proposta “non appare realistica e rischia di avere effetti negativi sugli investimenti nel settore, che è già impegnato nella transizione verso la mobilità elettrica”. Pertanto, i nuovi obiettivi dovrebbero almeno essere prorogati per dare ai costruttori più tempo per adeguarsi e, inoltre, dovrebbero essere ripensati per “riflettere” l’intero contesto legislativo comunitario e lo “sviluppo attuale dei metodi di misurazione” delle emissioni nocive, tenendo conto delle caratteristiche dei veicoli elettrici.
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