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Da parte di molti guidatori, soprattutto degli italiani, c’è sempre stata una difficile scelta da compiere: auto elettrica o tradizionale? L’emergenza Coronavirus sicuramente non è d’aiuto al settore automobilistico, soprattutto nel rendere semplice una scelta che, già normalmente risultava difficile. Le fabbriche ferme e le concessionarie chiuse hanno piegato il settore di tutto il mondo, soprattutto quello dello stivale d’Europa, nel quale il lockdown, stando ai dati emersi, è stato molto più pesante rispetto ad altri paesi. I dati di marzo parlano chiaro evidenziando un calo dell’85% delle vendite che ha moltiplicato di quasi il 10% la flessione che già si era registrata nel mese di febbraio.
C’è una nota positiva però e riguarda le auto elettriche: rispetto al 2019, nello stesso mese, c’è stato infatti un incremento delle vendite pari al 47%. In termini numerici più precisi si è passati da 622 vetture vendute a 900. Un dato importante che però, comparato al generale, non ha ancora raggiunto numeri necessari per poter dichiarare appagate le attese di chi si occupa del settore elettrico. Stando ai dati forniti da MOTUS-E, associazione che si occupa di riunire i principali player della mobilità elettrica, nel mese di marzo, sarebbero dovuti essere almeno 2500 i veicoli venduti, rendendo le stime ferme a poco più di un terzo rispetto alle aspettative in merito ai trend di crescita.
“Coronavirus a parte, l’elettrico finora ha comunque faticato a decollare (con appena 10.661 auto vendute nel 2019, dati UNRAE), perché richiede un cambio di tecnologia molto forte oltre che infrastrutture dedicate e poi perché ha dei costi addizionali che rendono il cliente poco propenso ad acquistare” – ha spiegato Giovanni Lozza, direttore del Dipartimento di Energia del Polimi in una recente intervista. Nonostante questo però l’elettrico, nel corso degli ultimi anni, ha preso piede in altre forme, per esempio attraverso il noleggio a lungo termine, fattore che ha mitigato i diversi problemi del settore. “Le previsioni indicano che ci vorranno 10 anni affinché l’elettrico raggiunga il 20-30% del mercato” – ha specificato ancora il direttore Lozza, sottolineando inoltre le problematiche dovute dalle normative imposte dalla Comunità Europea definendo le stesse poco favorevoli nei confronti dell’industria automobilistica poiché “affossano una tecnologia in favore un’altra”, in questo caso quella elettrica, ancora non del tutto fruibile da un numero ampio di persone.
Il bivio di cui si parlava a monte dunque non riguarda solo chi acquista automobili, ma nello specifico, le scelte che saranno attuate dai governi per salvare il comparto in questo momento delicato decidendo se mettere da parte o meno l’elettrico per rilanciare le auto tradizionali. Va considerato che la transizione verso la mobilità sostenibile è un percorso arduo che dovrà tener conto, necessariamente, di quelle che sono le problematiche legate al settore rendendo appetibile agli eventuali interessati il mercato elettrico attraverso modalità nuove di sensibilizzazione. Spesso si è parlato di incentivi alla rottamazione inserendo, soprattutto negli ultimi anni, anche le auto tradizionali all’interno di questo discorso. In merito è intervenuta anche l’Unrae, associazione dei costruttori esteri in Italia, la quale ha chiesto un aiuto pubblico di tre miliardi di euro in due anni e l’ampliamento dell’ecobonus a una terza fascia (61-96 g/km Co2).
Se basterà o meno per rispondere all’emergenza sanitaria, oltre che dall’andamento generale dei mercati del settore, sarà indubbiamente una scelta dei governi, chiamati ora, più che mai, a decidere come muoversi per cercare di salvare i mercati.