In Italia circolano 39 milioni di autovetture, delle quali 7,5 milioni sono ultraventennali. Di queste, circa 4,4 milioni hanno tra i 20 e i 29 anni. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di auto vecchie non di auto storiche. Basti pensare alle 112000 Fiat Punto ancora circolanti che di storico hanno ben poco.
Al momento, le autovetture circolanti potenzialmente meritevoli di essere riconosciute di interesse storico collezionistico sono circa 325000 tra i 20 e i 29 anni, tutte appartenenti a modelli che ACI Storico ha inserito all’interno di una Lista di Salvaguardia stilata in collaborazione con il Registro Italiano Alfa Romeo, Stellantis Heritage, Ruoteclassiche e AAVS. Concedere il certificato di rilevanza storica, la ‘patente’ di auto storica, a tutte le over-20 è un errore.
D’altra parte sia la Direttiva Europea 2014/45/EU che la normativa della Fédération Internationale des Véhicules Anciens (FIVA) prevedono che le auto storiche, per essere considerate tali, debbano avere almeno trent’anni. La DE, ancora non del tutto recepita dall’Italia, all’art.3 recita: “It was manufactured or registered for the first time at least 30 years ago” (“È stato costruito o immatricolato per la prima volta almeno 30 anni fa”). Identica definizione viene recepita nella “definition of a historical vehicle” (“La definizione di un veicolo storico”) della FIVA. In aggiunta, anche l’International Historical Commission della FIA, in una recente seduta, ha ribadito che l’anzianità minima per le auto storiche è 30 anni.
Ad oggi, le autovetture ventennali costano allo Stato in termini di benefici fiscali per la loro tutela, circa 27 milioni di euro. Considerando che le auto di reale interesse storico collezionistico si stimano in circa un quinto di quelle dichiarate “storiche”, tutte le altre sono solo auto vecchie, non sicure ed inquinanti, che andrebbero rottamate nell’interesse della collettività.