“La mobilità a Bari? Persi 50 anni”. La testimonianza di Nicola Chieco, presidente onorario della commissione Traffico dell’Ac Bari Bat

Bari ha subito ritardi nello sviluppo e nella promozione dell’uso dei trasporti pubblici? Ce lo racconta Nicola Chieco,  una figura storica per l’Ac Bari Bat: uno dei primi ad insegnare nelle scuole l’educazione stradale, Chieco è stato presidente della commissione Traffico dell’ente dal 1971. Oggi è presidente onorario. “A Bari in 50 anni, precisamente da 1945 al 1995, non è stato fatto nulla per il trasporto pubblico o comunque è stato fatto davvero poco. Io ho vissuto quegli anni e posso raccontare da protagonista tutto quello che si poteva fare”, spiega Nicola Chieco che ricorda il boom economico subito dopo la guerra. “Quella  ripresa economica portò anche al boom dell’automobile:  l’auto era il mezzo che ci consentiva di andare ovunque e di svolgere attività. Inoltre cominciarono gli spostamenti tra i quartieri, con molte famiglie di Bari Vecchia che furono trasferite nelle case popolari di Japigia, San Pasquale, Picone e negli anni 60 al San Paolo. Il trasporto privato quindi è stato anche un elemento di connessione tra i quartieri”.

E per quello pubblico?

“Questo è il punto fondamentale che squalifica la politica: si è fatto negli anni Cinquanta un cattivo bilanciamento nel senso che lo sviluppo dell’auto ha portato a favolose entrate in termini di tasse automobilistiche ed entrate dello Stato, la metà delle entrate dello Stato erano dalle tasse per le auto. A fronte dello sviluppo delle auto, lo Stato non ha fatto molto sul trasporto pubblico. Già per avere l’autostrada ce n’è voluto, le ferrovie non hanno avuto lo sviluppo sperato. Nelle grandi città abbiamo avuto un po’ di metropolitane, come Milano e Roma ad esempio. Per Bari c’è stato proprio un buco profondo nei finanziamenti di quegli anni.  Una cancrena: oggi abbiamo la metro che collega il San Paolo con il centro, ma si può parlare di metro se passa ogni venti minuti? Per i  bus non ne parliamo, sono la contrapposizione dell’automobile, vanno su strada come le auto, le corsie preferenziali non vengono rispettate e alla fine ci si trova ugualmente imbottigliati nel traffico, senza alcun risparmio di tempo”.

Qual è stato il suo ruolo in quegli anni?

“Ho cominciato a dare un mio contributo con un mio studio del luglio 1955 su una rivista tecnica, la Tecnica nel Mezzogiorno, a diffusione quasi nazionale. Fu pubblicato appunto lo studio dal titolo “Piano di circolazione nella città di Bari”, nel quale prevedevo l’istituzione della classifica delle strade: via Sparano la proposi io nel 1955 e l’amministrazione comunale ha atteso fino al 1974 per renderla pedonale. Ecco questi sono stati i  ritardi della politica. In quei  50 anni che vanno dal 1945 al 1995, Bari è stata governata da 20 sindaci (uno fece il doppio mandato) e 4 commissari prefettizi. Cosa significa questo? Che in 50 anni abbiamo avuto 24 figure di amministratori,  meno di 10 hanno governato l’intero percorso stabilito dalla legislatura. Solo quattro sindaci hanno avuto il governo completo: Vitantonio Di Cagno, Trisorio Liuzzi, Vernola e Francesco Chieco. E quindi la politica si è persa molto. Di quel piano del 1955 proposi non solo via Sparano ma anche  soluzioni di strade parcheggio, strade dedicate ai bus e filobus. Quello che accade oggi quindi è il risultato di una apatia di quegli anni”.

Ma ci fu qualcuno che si impegnò e che gettò le basi per l’attuale mobilità?

“Tanto non si è fatto, perché mancava la sensibilità sulla questione del trasporto urbano, ancora oggi ci sono delle valide soluzioni da applicare. Oltre a quei quattro sindaci, si impegnarono nel campo della mobilità gli assessori Dante Ugo Leonardi negli anni 60, Donato Accettura che è stato il prosecutore e il dottor Angelo Fizzarotti che è stato quello che ha deciso su via Sparano.  Sono quelli che hanno seguito i miei consigli e che hanno dato valore all’Aci. Ad esempio nel 1964 si è svolta a Bari una settimana di educazione stradale che fu suggerita nel 1962 in un mio articolo e l’assessore dell’epoca, generale Leonardi, si dedicò all’idea e in due anni dal 62 al 64 la organizzò in tutti i dettagli”.

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