Automobilismo d’epoca: il culto di un ricordo intramontabile. Intervista a Michele Perla, presidente di Targa Puglia

Dalle iniziative della sua associazione sportiva dedicata al mondo delle quattro ruote d’epoca, alla fotografia del momento in Italia, fino al ruolo delle donne nel magico mondo delle auto storiche. Ne parliamo con Michele Perla, presidente dell’A.s.d. Targa Puglia e promotore dell’omonimo raduno. 

 

Tarda Puglia è un’associazione sportiva dilettantistica che raduna appassionati di auto d’epoca, ma Targa Puglia è anche il nome del principale evento che la stessa associazione organizza sul territorio: come nasce questo progetto?

Targa Puglia è un’associazione che fa parte di Aci Storico e che, oltre ad organizzare raduni, esposizioni statiche e concorsi di eleganza, promuove una rievocazione in chiave moderna della storica “Targa di Puglia”: si tratta di una gara realizzata nel 1931 per volere dell’Onorevole Crollalanza e che ha rappresentato il primo e unico giro completo della regione Puglia su quattro ruote. Si trattava di una gara molto complessa, in cui si percorrevano 750 chilometri di strade prevalentemente sterrate: penso, ad esempio, al Gargano, che allora era composto quasi interamente da strade bianche. Una sfida ardua che, su 40 partecipanti, solo in 6 riuscirono a portare a termine. 

 

Al di là della commemorazione della storica gara, in cosa differisce l’attuare Targa Puglia dall’evento del passato?

Abbiamo voluto mantenere il nome e, quindi, il ricordo vivo di allora e, al contempo, abbiamo voluto mantenere l’idea di percorrere sulle quattro ruote tutta la nostra bellissima regione. Ciò che oggi è diverso è lo spirito con cui avviene questo giro: non più una gara estenuante di velocità e abilità, ma un lento giro di Puglia a bordo di auto d’epoca, diviso per tappe. In questo modo, permettiamo ai nostri partecipanti – alcuni dei quali sono originari di altre regioni d’Italia e, in alcuni casi, anche di altri paesi europei – di dovere pienamente della bellezza della scoperta di un territorio attraverso un’idea di “turismo” diversa dal solito: lento, silenzioso, non convenzionale. 

Quali sono le tappe di questo percorso?

Abbiamo voluto dividere la Puglia, simbolicamente, in 4 aree di interesse storico-culturale-paesaggistico, per realizzare delle tappe della durata di 3 giorni ciascuna, in grado di far scoprire ai partecipanti i segreti e le eccellenze territoriali, culturali e gastronomiche di ciascuna parte.  Siamo partiti proprio dal Gargano, terra dei due patrimoni Unesco, dove gli equipaggi si addentrano nella foresta umbra, visitano Vieste, raggiungono Monte Sant’Angelo rivivendo la suggestione degli spettacolari tornanti. Poi, è la volta del percorso “federiciano”, tra Altamura, Barletta e Castel del Monte: in questo caso, la tappa si focalizza sulla scoperta dei più spettacolari castelli che la nostra regione vanta. La terza tappa è dedicata alla splendida Valle d’Itria, in un percorso spettacolare tra il blu della costa, il verde della valle e il bianco della pietra e dei trulli. In questa tappa si toccano i più suggestivi borghi della provincia di Brindisi e di Taranto. Infine, il giro di Puglia si conclude con l’evento che abbiamo voluto ribattezzare come “Sa(di)Lento”, giocando linguisticamente con il concetto di viaggio lento, a noi molto caro, e con la destinazione della nostra scoperta: il Salento, appunto. 

Allontanandoci un attimo dalle attività specifiche di Targa Puglia, che cosa vuol rappresentare, in Italia, il culto dell’automobilismo storico?

Troppo spesso siamo abituati a vedere, nella nostra regione come sul territorio nazionale, possessori di auto d’epoca le cui motivazioni restano ancorate al business o al raggiungimento di uno status symbol. Ciò che, invece, il vero appassionato porta con sé – e che noi di Targa Puglia vogliamo difendere – è un amore per il significato di quelle quattro ruote, al di là del concetto di strada: oggi, ogni famiglia possiede una o più automobili, ma dobbiamo pensare a cosa le auto hanno rappresentato per quei nuclei italiani degli anni ’40 e ’50. Erano gli anni del boom economico e per queste persone, possedere un’automobile voleva dire emanciparsi, avere le stesse possibilità delle fasce più ricche della popolazione. Voleva dire, per un padre, portare la propria famiglia al mare. Questo ricordo è, per noi, un culto e, quindi, l’auto storica non deve rappresentare un’etichetta sociale di oggi, ma la rievocazione dei valori legati a quel tempo. 

 

Come si può ragionare, oggi, nei termini di un coinvolgimento del pubblico di massa su questo tema? 

Purtroppo, in Puglia, soffriamo la mancanza di veri e propri luoghi di cultura destinati a questo settore e il mio augurio è che, con il nostro supporto, il club Aci Storico possa ulteriormente investire in questo senso: mantenere la memoria storica delle grandi gare del passato come la Fasano-Selva o il Trullo D’Oro e dei nomi di campioni del calibro di Paolo Gargano, vuol dire conservare la nostra identità. Occorre, quindi, favorire sempre più questa aggregazione e la comunicazione di tutte queste tematiche anche tramite eventi accessibili ad un pubblico generico, fatto di curiosi e non solo di possessori di auto storiche. Non solo raduni, quindi, ma anche esposizioni, concorsi, mostre, dibattiti. 

 

Auto d’epoca e Covid19: com’è andato questo 2020?

È stato un anno devastante perché ha falciato di netto tutta la convivialità e l’attitudine all’incontro e tipica dei nostri raduni. Però abbiamo cercato di reagire con positività e, tra la primavera e l’estate, Targa Puglia ha realizzato degli eventi “alternativi”. Uno di questi, sicuramente il più originale, è stato il concorso fotografico dal titolo “Io Resto in Garage”: ironizzando sulle stringenti normative della prima ondata di Coronavirus, abbiamo esorcizzato il momento buio lasciandoci andare all’ironia e alla condivisione. 

 

E, infine, auto d’epoca e donne: si può dire che sia stato abbattuto finalmente lo stereotipo dell’automobilismo storico come prerogativa degli uomini?

In parte sì, ma c’è ancora da lavorare in questo senso. In Puglia si svolge una bellissima iniziativa che si chiama “Eva al volante”, dove sono le donne le vere protagoniste dell’evento, in qualità di driver. Personalmente, poi, ho l’onore e la fortuna di avere una moglie che mi ha sempre accompagnato in questa passione, facendola anche sua: una donna che non si accontenta di essere navigatore ma che, sempre più spesso, partecipa ai raduni come driver, rendendomi orgoglioso. Al di là di questo, su tutto il territorio nazionale, ancora troppo spesso è l’uomo ad essere protagonista, in quanto proprietario dell’auto, mentre le donne partecipano agli eventi in qualità di navigatrici. Mi piace, però, ricordare che in passato ci sono state grandi donne che hanno fatto la storia dell’automobilismo anche mantenendo un ruolo “di servizio” rispetto ai propri mariti. Penso alla coppia di campioni Munari-Mannucci, le cui mogli hanno seguito ogni gara da vere protagoniste del dietro le quinte: guidavano i furgoni, mantenevano i contatti radio, assistevano la squadra. Ancora oggi, con l’uscita di scena dei mitico duo, le signore Munari-Mannucci sono insieme nella missione di portare avanti il ricordo delle grandi vittorie e si può dire che siano riuscite nell’impresa di riproporre l’eccellente accoppiata al femminile. 

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