Pieno di grinta, passione e determinazione. Davide Nardilli, pilota barese, racconta i suoi esordi e gli obiettivi futuri

Giovane e pieno di grinta, ma soprattutto appassionato di motori e guida sicura, Davide Nardilli, pilota barese classe ’92, che ha già raggiunto moltissimi traguardi, ultimo tra questi quello di Coppa Italia Turismo, in cui, sul tracciato di Vallelunga,  con la sua Honda Civic, ha conquistato il podio a tre curve dalla fine in Gara 2.  racconta i suoi esordi, ma anche i suoi obiettivi futuri.

Lei è giovanissimo, nonostante questo e il fatto di aver iniziato relativamente “tardi” ha già raggiunto ottimi traguardi. Ci parli di come è nata la sua passione per l’automobilismo sportivo…

La passione è nata in famiglia. Mi è stata trasmessa da mio padre che ha corso a livello agonistico, ma non in ambito professionistico e ha sempre avuto questa passione spiccata. Già da quando ero piccolino mi faceva vedere il gran premio di Formula 1, così come la Moto GP o il mondiale Rally facendomi appassionare a questo mondo al quale però poi io mi sono avvicinato in età, appunto, relativamente tarda. Ho iniziato la mia esperienza in Kart a 14 anni, un’età in cui sei già quasi vecchio per affacciarti alla disciplina a livello agonistico. E’ un’età non convenzionale, fino a poco tempo prima avevo praticato altri sport, anche a livello agonistico, senza avere troppa volontà di continuare.  Sicuramente il primo ricordo più emblematico riguarda proprio una delle prime volte che andavo su una pista di Kart. Ero a Fasano, a girare con i classici “molleggioni”,  non era ancora nell’aria l’idea di avviare un percorso professionistico. Non appena finito il giro mio padre mi disse “bene, ora ti faccio provare un Kart più serio”. Quell’evento, ha ribaltato il mio percorso sportivo, mi ha dato quella forza in più per metterci volontà. Prima giocavo a calcio…

Quindi, se non si fosse impegnato nel mondo dell’automobilismo avresti cercato di diventare calciatore?

Con le dovute proporzioni, sicuramente era una strada che avevo intrapreso, anche se l’ambiente non mi entusiasmava, altro motivo per cui ho deciso di abbandonare quella strada lì. Volevo più che altro seguire la strada dell’ingegneria, accanto alla mia attività nel settore dell’automobilismo infatti ho portato avanti gli studi. Da bambino avevo il desiderio di fare l’ingegnere, poi la mia carriera è virata su altri obiettivi da un punto di vista lavorativo. Per il percorso effettuato però questo tipo di formazione mi aiuta molto nel settore automobilistico. Quando sei in gara e hai a che fare con l’ingegnere di pista e così via, avere un tipo di forma mentis scientifico, basato sul saper analizzare i dati, mettere in pratica quello che si analizza, in maniera meccanica, mi aiuta tanto ad avere consapevolezza esatta di quello che sto facendo. Nulla è lasciato al caso, comprendere tutto quello che avviene al di là della guida è un aiuto non indifferente.

A proposito di consapevolezza: quello dell’automobilismo è uno sport che richiede molta fisicità, al pari di tanti altri sport, nonostante questo in molti non lo considerano ancora come tale…

Purtroppo è vero. E’ una battaglia che porto avanti spesso con i miei amici o con i non addetti ai lavori. Spesso si ha la percezione che guidare un’autovettura non sia equiparabile ad un vero e proprio sport perché non c’è dello sforzo fisico, non si necessita magari di una preparazione fisica. In realtà è l’esatto opposto. L’esempio che porto è quello di Jenson Button, campione di Formula 1 che per allenarsi andava a fare le gare internazionali di triathlon. Lo porto a emblema per dire che da un punto di vista di caratteristiche fisiche, lui, come altri atleti del suo livello, sono secondo me una delle massime espressioni degli atleti. Lo stesso accade anche quando scendiamo di livello: preparazione fisica e mentale sono un fattore che può fare la differenza. Io personalmente mi alleno parecchio, ritengo sia necessario e fa la differenza. Mi alleno spesso con il Kart,  aiuta molto sia fisicamente, sia dal punto di vista della dinamica. E’ molto fisico e aiuta i riflessi supportando la capacità di pensare e agire in pochi istanti. La prova del fatto che allenarsi è necessario l’ho avuta proprio a Vallelunga. Ho vinto Gara 2 partendo dalle 16esima posizione, dopo una rimonta non facile a livello fisico e mentale, considerando anche i 35 gradi, avevo ancora la forza di fare venticinque giri alla stessa intensità. Lavoro molto, non mi sono mai fermato.

In tal proposito: quello che stiamo vivendo è un momento storico delicato, anche lei è dovuto star fermo parecchio tempo a causa dell’emergenza sanitaria. Può raccontarci come ha vissuto il periodo del lockdown e la successiva ripartenza?

Si associa spesso il mondo del Motorsport a quello della Formula 1, un mondo fatto di ricchezza. Si tende a pensare che tutto quel mondo sia un paradiso, ma non è così. C’è tutto un mondo sommerso che ai più non è noto dove ci sono team che lavorano e vivono di questo. In molti sono andati in affanno a causa del blocco così lungo e rigido, in primis le scuderie che prendono parte ai campionati, ma anche tutti gli organizzatori degli eventi sportivi, così come tutti coloro i quali lavorano accanto a queste attività. Non pensavamo che, finito il lockdown, si potesse riuscire a rimettersi in piedi senza problemi. E’ stato bello tornare a gareggiare, l’affluenza del settore era quasi la medesima del periodo pre-lockdown. Sgomitando e facendo anche salti mortali ci si è riusciti a ripresentare ai nastri di partenza, nonostante qualche cerotto. E’ stato piacevole ritrovare amici e rivali. A livello mentale non è stato facile passare tre mesi chiusi in casa, non è stato facile soprattutto perché non c’erano obiettivi che ti tenessero sveglio mentalmente. Io però ci sono riuscito, pensavo sempre al fatto che dovevo farmi trovare pronto. Ho lavorato in quella direzione per tutto il tempo.

Sicuramente, anche in questa fase, non è mancato il supporto di AC Sport. Cosa può raccontarci in merito a questa collaborazione?

Il rapporto non è recentissimo, parliamo di almeno sei anni. Credo che nel 2014 ci sia stato il primo contatto più diretto con la delegazione dell’Aci di Bari, in primis con la direttrice. Avevano iniziato a dare un po’ di più interesse all’attività sportiva, la sinergia è iniziata perché volevano più visibilità, ma avevano anche la volontà di avere un testimonial giovane che potesse rappresentarli nell’ambito sportivo. Da lì poi sono nate altre collaborazioni anche meno incentrate sull’ambito sportivo. Sono portavoce dell’ACI per quanto riguarda la sicurezza stradale, argomento molto importante per me.

Lei infatti è anche istruttore di guida sicura e guida sportiva…

Si, ho preso questi brevetti durante questa collaborazione con Aci. La nostra collaborazione non iniziava per questo obiettivo, ma è diventata probabilmente anche la principale motivazione del rapporto perché Aci adesso si sta concentrando molto su questo aspetto. C’è molta attenzione nei confronti dei giovani ed io mi dedico a questa attività con passione, la reputo molto nobile, ma non solo, la reputo importantissima per la sicurezza di tutti gli utenti della strada. Questa collaborazione a 360 gradi include poi anche un loro supporto alla mia attività sportiva. Ne vado fiero, è un onere e un onore quello di poter vantare un rapporto così diretto con la delegazione Aci.

Il ricordo più bello su pista?

Il ricordo più bello è quello della prima vittoria automobilistica, arrivata nell’ottobre 2015, nel monomarca Clio RS CUP: a fine gara quando sono sceso, mi sono tolto il casco e mio padre si era commosso. Lui è molto freddo, cerca sempre di non mostrare il proprio lato emotivo per non influire sulle mie prestazioni o non creare in me aspettative elevate. Lui  mi ha sempre accompagnato nei weekend di gara, non è mai stato troppo invasivo, ma la sua presenza mi ha sempre dato quella marcia in più. Quel momento esatto mi ha fatto ragionare sui tanti sacrifici fatti da parte sua, sul veleno e sulla sofferenza provata durante le mie gare. Vederlo esplodere è stata una grande emozione. E’ una scena particolare, lui si è commosso, io anche: è un ricordo che difficilmente scorderò in tutta mia vita.

Prossimi impegni e obiettivi futuri?

Uno dei prossimi traguardi che voglio raggiungere è quello di prendere anche il titolo di istruttore federale Aci Sport, quindi avere anche la titolarità di Aci. In questo sono supportato da Francesco Ranieri e da Aci Bari. Come obiettivo agonistico, non mi pongo limiti. Certo è fuori discussione un programma attuo ad arrivar in formula uno o categorie simili, ma non è mai stato un mio obiettivo. Sicuramente però ho l’aspirazione di competere con vetture Gran Turismo, ovvero Porsche, Ferrari e Lamborghini. E magari chissà, un giorno prendere parte alla 24ore di Lemans. Sarebbe un bel traguardo. Per ora mi concentro sul prossimo impegno, ovvero la gara al Mugello nel weekend del 10 e 11 ottobre.

 

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